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BANDHAVGARH NATIONAL PARK

  • Fulvio e Irene
  • 10 mar 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Armatevi e allenatevi.

Armatevi di pazienza, fiducia, buona volontà, e allenatevi agli urti, ai contraccolpi, alla resistenza al sudore altrui, se decidete di poggiare le vostre natiche sui sedili di un bus che collega due località -diciamo così- secondiarie.

Potrebbe non essere infrequente trovarsi in grembo al vostro vicino -o viceversa- perchè le ruote hanno incrociato una buca bella profonda nello sterrato o, per lo stesso motivo, rimanere in levitazione più a lungo di quanto si creda possibile.

Non potrete non rivolgere funesti pensieri circa il vostro bagaglio, sistemato senza fronzoli sopra il bus e che, alla fin fine, subisce i vostri stessi sbalzi.

Vi ritroverete a fare i conti con le inondazioni di pulviscolo che ad ogni sterrato vi riproporranno l'annoso aut-aut tra finestrino chiuso (rinunciando, così, alla preziosissima aria) o aperto (rinunciando, così, a vedere oltre il vostro naso e probabilmente a qualche anno di vita, dato il deposito di sabbia/terra/quellocheè nei vostri polmoni).


MA sopravviverete, vi verrà restituita la vostra valigia, e forse scenderete persino divertiti dal tragitto compiuto, mentre le vostre vertebre fanno la conta dei morti e dei feriti.

Sopravviverete, dicevamo, e arriverete in un posto di cui, non a torto, non sapevate l'esistenza.


Satna, infatti, è uno di quei posti di una qualche importanza solo per il suo essere snodo ferroviario, come evinciamo dal pavimento della stazione, tappezzato di stuoie e lenzuoli per stendervisi.

Ci passano treni un po' per dovunque, tra cui, guardacaso, quello che fa al caso nostro, diretto a Umaria: lì veniamo scaricati, ben prima del sorgere del sole, e lì attendiamo per due ore un altro bus, diretto al mono-stradale villaggio di Tala, uno degli ingressi per il Bandhavgarh National Park.


Non essendoci ostelli di sorta -in questo paesello più negozi che anime- ci procacciamo un'ariosa combinazione stanza-bagno, circondati da poco altro che alberi e dispettosi entelli.




Tip#1: Quasi tutte le accomodazioni 'budget', in India, non prevedono la fornitura della carta igienica. E non è una prerogativa dei soli ostelli, ma anche di bar, locali e ristoranti: tenetene sempre un rotolo nello zaino.


Lo scopo pressochè unico della nostra capatina a Tala è il Safari nel Parco, e mentiremmo se dicessimo di non avere ardentemente contato sulla possibiltà di vedere -o almeno scorgere- un esemplare di tigre, che in India (e nel Bandhavgarh) conosce uno dei suoi ultimi santuari.


Un'abbondante mole di buena suerte ci fa imbattere in uno scoppiatissimo francese e nei suoi due compagni di avventura, fatto che ci permette di dividere il costo del safari (dal momento che la tariffa è fissa e va spartita per il numero dei partecipanti, fino a un massimo di sei).


Tip#2: Non solo nei bazaar: anche per camere d'ostello, guesthouse e affini, si applica la 'Regola d'Oro' della contrattazione. Abbiamo sperimentato che prenotare online potrebbe non essere la mossa migliore: negoziate direttamente sul posto per ottenere un prezzo più basso di quello trovato sul web.


4.00 AM, buio pesto, direzione biglietteria.

La coda, infatti, inizia a formarsi assai presto, formata da coloro che non hanno prenotato o potuto prenotare online.

Riusciamo nel nostro intento.


Tip#3: Quando ci si riferisce alla 'coda indiana', certamente non ci si riferisce a questa parte del mondo. Gli indiani non solo proprio non si mettono in fila (qualsiasi eh, che sia quella per l'acquisto di un biglietto o per salire su un treno), ma non si fanno nemmeno problemi a passare avanti, senza batter ciglio. Se non volete rimanere beffati, chiarite che il vostro territorio non si tocca.


Le jeep salpano dal terrestre porto all'alba, in sintonia con gli orari delle ospiti più illustri e ambite.

Le tigri, infatti, non hanno natura stakanovista, muovendosi prevalentemente -alla ricerca di cibo, per piacere personale o forse per visita ai parenti- tra le 7.30 e le 8.30 e tra le 16.00 e le 17.00.

Per il resto del tempo, i micioni si godono un meritatissimo riposo.


Oltre alle tigri (pare ce ne siano 65), il Parco offre cittadinanza anche ad una miriade di altre specie animali, dal pavone al bluebird asiatico, dal leopardo al coyote, dal gallo al cervo, dai bufali agli elefanti, quest'ultimi utilizzati anche a scopo di 'pattuglia', tutte -eccetto il leopardo- assai meno timide della tigre e quindi di relativamente facile avvistamento.




La marcia prosegue compatta e spedita finchè la guida non invita, con un cenno, al silenzio.

Indica a destra: "There, Tiger", sussurra.

Nonostante la processione di jeep, a pochi passi da noi, in una piccola cornice d'acqua, la tigre semplicemente sta.



Incurante e oziosa, le zampe -grandi come una testa d'uomo- appoggiate sulla riva, la tigre sta.

Nella sua impressionante muscolosità, sorniona -da felino qual è- sta, attendendo chissà quale biologico segnale per decidere -come accade- di alzarsi lentamente.

Scuote la zampa bagnata -come fanno anche i nostri gatti-, si guarda attorno, e si avvia, incamminandosi felpatamente verso il folto della foresta, lasciando le sue enormi impronte ben impresse sulla sabbia e nelle nostre menti.




Appena scompare dalla vista, siamo come destati da un sogno e, guardandoci attoniti, torniamo alla realtà.


Abituati da sempre a considerarci dalla parte del più forte, scopriamo che sentirsi preda, tutto sommato, non è così impossibile.


 
 
 

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