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KHAJURAHO

  • Fulvio e Irene
  • 5 mar 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

Col treno, in India, ogni giorno si spostano 25 milioni di persone.

E, seduti a qualsiasi stazione, a qualsiasi orario, si ha la possibilità di assistere ad una porzione di questo esodo quotidiano.

Altra faccenda è parteciparvi.


Lasciamo Orchha prima dell'alba e, quando raggiungiami la stazione, scopriamo che, anche in una terra da 1.200.000.000 (leggasi: un miliardo e duecento milioni) di persone, si può pensare in piccolo, e agire di conseguenza: la stazione è minuscola, e gli unici piedi, oltre i nostri, a calpastarne il terreno, hanno gli zoccoli.

La mucca si rivela compagna ideale per assistere a quell'evento che immancabilmente, dalla nascita del SIstema solare e della formazione dei pianeti, porta la luce del giorno sulla Terra.


Alle 7.30 il treno è già ampiamente stipato di viaggiatori, venditori e mendicanti.

Il biglietto 'General' è economicissimo, ma non dà diritto a nessun posto eccetto quello che si riesce a ricavare tra i posti a sedere, comprendenti anche quelli riservati ai bagagli.

Il viaggio in 'General' è sinonimo di animate conversazioni, musica (che, dall'Himalaya in su, dubitiamo possa essere gradita da qualcuno) ad alto volume dagli altoparlanti dei telefonini, slogan urlati dagli ambulanti, sguardi insistiti, incuriositi dalla nostra così aliena presenza.

In tutto ciò, Irene è riuscita a prendersi la sua oretta di sonno. Roba da ovazione.


Si entra a Khajuraho arrivando nella parte più nuova, evidentemente centrata sull'accoglienza dei turisti e dei soldi che possono portare: la 'Main Road' si affaccia su un bacino artificiale che è poco più di uno stagno ma è ricco -dicono- di pesci.

Questa parte del paese si è sviluppata attorno alla sua attrazione più famosa, ovvero i templi del cosiddetto "complesso occidentale", mentre la "Khajuraho vecchia" ('Old Village') è situata nella parte est del territorio, assieme ad un coagulo di altri 3-4 templi.

Ben prima di poter vedere qualsivoglia struttura, però, veniamo circondati da un nugolo di bambini, ragazzi e adulti che, inondandoci di interrogativi, ci scortano ai templi del gruppo occidentale.


Tip#1: I bambini in età scolare letteralmente vi circonderanno se vi mostrate in possesso di un oggetto con cui si possa scrivere: "School Pen" sarà la richiesta più incessante. Quando fate la valigia, metteteci dentro penne e matite: potreste avere l'occasione di generare un sorriso.

Il villaggio è un concentrato di vita rurale (le campagne sono a un tiro di schioppo), e le tinte pastello dei muri ci fanno azzardare un paragone con i viottoli delle isole greche.

Un matrimonio, qui, è ancora una faccenda da festeggiare in grande ("We will party like Maharaja!") nonostante, dalle date scritte sui muri, sembra che si sposino ogni 2 settimane, e in tanti alla volta. La popolazione? Non supera le 8mila persone. Mistero.


Tip#2: Ovunque, dalle caotiche metropoli ai centri con pochissime anime, vedrete coppie di amici maschi tenersi per mano: il fatto, che a noi è parso singolare, qui è la normalità.

Ciò che però rende Khajuraho celebre ben oltre i confini dell'India sono, come detto, i templi del gruppo occidentale.

Quella Chandela fu una dinastia che spinse Khajuraho a guerreggiare in lungo e in largo coi propri vicini.

Oltre alla guerra, i Chandela amavano erigere templi al pantheon hinduista, ornandoli con le narrazioni scolpite dei loro usi e costumi.

E con questo si arriva alla terza, grande passione dei Chandela.

Non ci vuole molto a trovarsi di fronte a raffigurazioni erotiche e/o propriamente pornografiche.

Proprio così: ai Chandela piaceva fare la guerra e piaceva fare l'amore, descrivendo entrambe le attività con un'impressionante dovizia di particolari.

Sfrenate orge si alternano a processioni militari, posizioni impraticabili a scene belliche, mentre sui fregi più grandi campeggiano rappresentazioni sensualmente cariche di donne dai seni prosperosi e dagli atteggiamenti spesso provocanti. Tra le tante, spicca però il capolavoro di finezza che è la rappresentazione di una donna, girata di 3/4, con addosso un sari bagnato e aderente alle sue forme.


Quanto però verosimilmente le donne Chandela siano state rappresentate, rimarrà per sempre nel dubbio.

Dubbio che non sussiste, invece, nell'eleggere questi templi, questi esempi di architettura religiosa, tra i migliori visibili in India.


Volendo focalizzarsi, invece, sulle sensazioni di stupore o imbarazzo che la vista dei rilievi e delle sculture può creare, non possiamo non prediligere la scena dove tempo di guerra e tempo d'amore coincidono, cioè dove due soldati si intrattengono con discutibili 'giochetti' con l'animale su cui tante battaglie hanno combattuto.


Abbiamo notato come le scene erotiche siano raffigurate solamente all'esterno -sui basamenti o sui fregi- dei templi, e non all'interno di essi, dove si trovano invece le statue degli Dei.

Il perché lo abbiamo ipotizzato fantasticando un po'.

La dottrina del Tantra, ben presente nel mondo induista, afferma che la pienezza dell'esperienza sensoriale -e sessuale- possa condurre al divino. Così, raffigurandole fuori dall'interno del tempio, che del divino è casa, si è voluto descrivere un percorso che portasse al divino.



Come i cavalli potessero servire a questo scopo, ecco, questo ci è oscuro.

 
 
 

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